Dipinsi con accanimento la Strage di Portella delle Ginestre: cavalli e muli impazziti dagli spari e donne ferite che tentavano di riparare i bambini e l’uomo con la giovinetta morta sulle braccia. Segnai il dipinto con la scritta: Pippo Consoli, Chieti, 11 agosto 1951, e l’inviai a Suzzara.
Nel frattempo Valeria cresceva bene, Livia e la Mamma erano serene ed io andai a Suzzara insieme a Giacomo Vaccari.
Trovammo in quella cittadina una grande animazione. Apprendemmo che su L’Unità del 5 settembre ‘51, c’era un articolo di Corrado Maltese, Sguardo alle opere del Premio Suzzara – Il Mezzogiorno nella composizione di Consoli: “…In questa grande tela, un po’ macchinosa ma ardita, l’artista ha messo tutto il suo calore di meridionale, riassumendo tradizioni figurative vecchie e nuove: i mosaici bizantini, i carretti siciliani, Migneco, Guttuso, Fougéron e Guernica. E’ però un’opera di grande interesse, con parti veramente belle e da guardare con attenzione”.
La Giuria (Dino Villani, Stefano Cairola, Ettore Gianferrari, Raffaele De Grada, Guido Ballo) mi assegnò la Cucina Economica Marocchi, come nel ’50 a Guttuso. Mi si consentiva di ritirare l’opera, il cui valore quel premio non bilanciava, e di sostituirla con un altro dipinto. Il primo premio, un cavallino, andò ad Ernesto Treccani.
Molti pittori e visitatori mi attorniarono elogiandomi. Seguirono foto e intervistate alla RAI, sposini mi proposero il cambio della cucina in denaro. Ero inebriato e stordito, e direi piuttosto inebetito. Tanto che, quando Stefano Cairola mi chiese se avessi pronte altre opere per una personale a Milano, ignorai di averne e declinai quell’opportunità che mi avrebbe immesso in un mondo a me ignoto. Dino Villani mi richiese un mini-dipinto per la sua collezione.
Vissi da spettatore, non da protagonista, quella giornata straordinaria. Ligio alla mia solitaria operatività istintiva abituale, ero inadeguato a quelle convenzioni salde e concrete. Me ne resi conto solo dopo. Poi, Portella tornò a Chieti. La esposi alla ‘Bottega d’Arte’. L’acquistò la Federazione PCI di Pescara, che ne fece dono a Giuseppe Di Vittorio (per il suo sessantesimo compleanno). Da allora, quel mio dipinto appartiene alla Segreteria Nazionale della CGIL, a Roma.