Dipinsi Pomeriggio di un Fauno con pennelleggio spezzettato. Appresi ad usare l’arco elettrico e realizzai in fili di ferro il configurarsi dei tracciati lineari esteriori di una Capra. Composi il gruppo dei Ragazzi in gioco a scaricabarile.
Purtroppo improvvisamente, il 30 dicembre ’57, Papà ci lasciò. Andai per le esequie. Affidai la Mamma a Graziella, oltre che ai premurosi Nicosia.Nel ’58, su commessa del milanese comm. Tizzoni, costruttore del complesso turistico-residenziale di Bergeggi (Savona), saldai in fili di ferro lo schema di una grande figura di Suonatore di clarino, poi collocata in cima all’isolotto. Realizzai per la chiesa di Montale di Levanto il cancelletto dell’altare maggiore, con esili figure bibliche.
Nel giugno ‘59 il prof. Crema mi richiese a Milano, quale Storico dell’Arte per la Soprintendenza ai Monumenti della Lombardia e con la famiglia ci trasferimmo a Milano.
Allora affluivano nella città lombarda, da ogni parte del mondo, i lessici soggettivi più discordi, con ritmo babelico tra l’onda d‘urto che da oltre Atlantico investiva il Continente Europeo, già terremotato dai “movimenti” della prima metà del secolo XX.
Mi inebriai degli innumerevoli stravolgimenti del linguaggio visivo, scoprendone ogni giorno nuovi traguardi nelle maggiori gallerie d’arte.
Nei primissimi anni Sessanta, il Premio Lissone, alle soglie di Milano, sturava l’otre eolico delle più impensabili sperimentazioni “informali”. Molti artisti già figurativi, quali Fontana e Capogrossi, avevano scavalcato la frontiera del reale. Improvvisai anch’io delle Impronte ma non me ne lasciai invaghire. Presi in affitto, come studio, un ampio seminterrato in via Hayech. Dipinsi grandi pannelli decorativi per la Tavernetta dell’Hotel Astoria di Gardone Riviera. Poi ripresi l’arco elettrico e provai a montare spezzoni di lamiere a cui conferivo forme aculeate o tondeggianti improvvisate, con fusioni di elettrodi.