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Giuseppe Consoli

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Autobiografia


Farinata Degli Uberti

Il Conte Ugolino
Concluse le elementari in paese, sostenni a Catania nel giugno 1930 l’esame di ammissione alla media nell’Istituto Tecnico ‘Carlo Gemmellaro’, con ottimi voti, tranne che in Educazione Fisica: ero rimasto a terra, di fronte ad una pertica. Mi arrampicai per tutta l’estate sui virgulti dei castagneti, a Gervasi, in territorio di Nicolosi, ove avevamo delle proprietà, ma, ad ottobre, l’esito favorevole non mi valse per l’iscrizione a quell’Istituto tecnico: il numero chiuso era ormai saturo. Mio padre provvide ad iscrivermi nel Ginnasio-Liceo Classico ‘Niccolò Spedalieri’, ove trascorsi gli otto anni di studii umanistici. Quella ‘pertica’ aveva segnato il mio destino. La Mamma aveva avuto in dote anche un appartamento al centro di Catania, in Via San Michele, ma il Papà preferì lasciarlo in affitto. Ne locò un altro, in Via Bambino, 44, nella parte alta della città, prossimo allo ‘Spedalieri’. La famiglia vi si trasferì nell’ottobre 1930; e mio padre smise di viaggiare in carrozza: gli bastava fare una passeggiata attraverso il Giardino Bellini per trovarsi nella Scuola XX Settembre, ove insegnava. Io ero a scuola in pochissimi minuti. Le mie zie dismisero il loro negozio e diedero in affitto i locali del pianoterra alla famigliola del sig. Santo D’Amico, con la moglie Palmina e la figlia Grazia. Il sig. D’Amico era pittore di piastre decorative dei letti di ferro. Sapeva che io disegnavo bene, e mi chiese di predisporgli taluni cartoni trapunti che usava per lo spolvero dei vari soggetti. In compenso, vedendolo dipingere ad olio, imparai ad usare anch’io i tubetti dei colori, l’acqua ragia e le vernici. Nei mesi di vacanza, luglio e agosto, noi tornavamo a Mascalucia. A settembre, andavamo a Nicolosi per le vendemmie. Mio padre aveva fatto ristrutturare la casetta adiacente al palmento, di cui era il ‘Mastru di conzu’ il Massaro Stefano Galvagna, che curava i vigneti della nostra famiglia. Passavo le giornate conversando con i pigiatori dell’uva e partecipavo alle operazioni della pressa delle vinacce. Nei giorni delle vendemmie andavo con mio padre nei vigneti, a dorso di mulo, e conversavamo con i mulattieri e con le vendemmiatrici. Ad ottobre, tornavamo a Catania. Degli otto anni vissuti allo ‘Spedalieri’, ho moltissimi ricordi: di compagni e di professori, dai vari nomignoli, come dei bidelli.

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