Ragazza alla fontana Ragazza di Soroni Soldato di spalle |
L’oscuramento, i primi bombardamenti aerei, quartieri di Catania sventrati. Mio padre andava in pensione. La mia famiglia ritornò definitivamente a Mascalucia, rifugio per i catanesi come altri paesi etnei. Ci ritrovammo con tanti compagni. Facevamo gite in bicicletta nei paesi circostanti. Si giocava al biliardo. Chiamato alle armi e assegnato alla Divisione di Fanteria Regina, il 2 dicembre 1941 viaggiai con Nunzio Carmeni fino a Verona. Poi, lui proseguì per Vipiteno, io andai a Cervignano del Friuli. Trascorsi l’intero anno 1942 in tre corsi d’istruzione militare per universitari, a Trieste, a Sagrado sull’Isonzo e alla Scuola Allievi Ufficiali di Fano. Sottotenente nel gennaio ‘43, assegnato al Deposito Misto Truppe Egeo a Barletta e destinato all’isola di Rodi, presi a Venezia la tradotta per i Balcani. Ad Atene visitai l’Acropoli. Dal Pireo trascorsi la fascinosa traversata dell’Egeo. A Rodi, di notte, vidi in cielo, per la prima volta, la mezzaluna con la stella al centro! Sostai nel campo contumaciale di Asguru e quindi raggiunsi a Màssari, nel settore meridionale dell’isola, la Compagnia G.A.F. Dopo varie esercitazioni di tiro a bersaglio mobile col cannone da 47/32 in dotazione, assunsi il comando del caposaldo di Soronì, fra l’abitato omonimo e il greto del torrente Dipotamò, che scendeva al mare da sotto la litoranea settentrionale. Vi trovai un sergente e due caporali con una ventina di soldati in attendamenti allineati sul pianoro alla base di un’ansa collinare dell’ondulante sistema montuoso centrale. Ampie scritte: ‘Aktung Minen !’ corredavano i margini dei campi minati circostanti. La mia tenda, munita di telefono, si annidava sotto un pergolato. Il mio attendente, Leonio Domenico, abruzzese di Pereto (L’Aquila), cucinava per l’intera truppa. Avrei provveduto al vettovagliamento recandomi periodicamente a Sàlaco su camion occasionali. Per il resto, ai soldati in libera uscita, l’abitato di Soronì offriva un bar, botteghe artigianali e varie rivendite. Taluni soldati ‘anziani’, analfabeti, erano da anni senza notizie dalle famiglie. Ne chiesi i paesi e le province, e scrissi per loro varie cartoline. Ma, nel corso dell’estate, essi furono rimpatriati. Arrivarono dall’Italia le reclute della classe di leva 1923, in parte con abiti e scarpe civili, nonché inermi. Richiesi quanto occorreva al Comando del Sottosettore di Calavarda, ma ne era sprovvisto. Apprezzai che, tra questi ragazzi, Dino Borgatti, da Renazzo di Cento (Ferrara), amasse scrivere su un suo grande e folto quaderno. Si creò un buon rapporto anche con tutti i nuovi arrivati. Era nata intanto una cordiale amicizia con il collega Sottotenente Oreste Sìclari, calabrese, comandante il caposaldo vicino. Insieme, frequentavamo in paese alcune famiglie; ci piacevano due fanciulle: Dimitria e Fotinì, ma eravamo cauti. Di notte, branchi di cervi si dissetavano al Dipotamò, mentre la luna piena stendeva sul mare una splendida lama di luce. Il 25 Luglio ’43 crollò il regime fascista. Lo sbarco americano in Sicilia, il 10 Agosto, troncò ogni contatto epistolare con le famiglie, per me come per altri tre siciliani. L’armistizio dell’8 Settembre stravolse tutto nell’isola, come in Italia. Negli ultimi mesi erano arrivati a Rodi vari reparti corazzati tedeschi, che si erano dislocati, non a caso, intorno a Campochiaro, sede del Comando Generale delle Isole Italiane dell’Egeo |